Ogni case study è la narrazione, ordinata, sintetica e precisa, di una o più situazioni reali nelle quali prodotti e servizi vengono usati in modo tale da dimostrare chiaramente il loro valore.
I case study rientrano nelle strategie della cosiddetta thought leadership perché intercettano il pubblico di riferimento nella fase decisionale del loro viaggio verso la scelta definitiva di acquistare.
Scrivere un case study può sembrare semplice, dato che si tratta di una serie di azioni che abbiamo svolto in prima persona o con il nostro team. O ancora potremmo pensare che è facile poiché dobbiamo raccontare come funziona un prodotto che conosciamo bene… Ma perché il case study sia efficace e coinvolgente, nell’ottica di far capire ai potenziali clienti e ai partner cosa siamo in grado di fare e come perseguiamo gli obiettivi prefissati, la sua stesura deve rispettare determinate regole.
Vediamole insieme, con l’aiuto di alcuni esempi.
Perché si scrivono i case study
Facciamo un passo indietro: analizziamo brevemente quanto è importante scrivere un case study convincente.
Scrivere (bene) un case study è utile per qualsiasi azienda, indipendentemente dal settore in cui si opera, sia quando si lavora in ambito BtB sia quando ci si rivolge direttamente ai consumatori finali (BtC). I case study sono un potente strumento di marketing e un contenuto sempreverde, che può essere usato ripetutamente nel tempo e in modi differenti, su più canali.
Un caso di studio scritto bene aiuta a conquistare la fiducia di chi è interessato alla nostra offerta. Inoltre serve, in via preliminare, a bilanciare le aspettative della clientela. Ci dà cioè l’opportunità di mettere in chiaro fin da subito come lavoriamo e perché agiamo in un certo modo e non in un altro.
Dove pubblicare il case study?
Possiamo pubblicare i nostri casi studio ovunque (o quasi). I casi di successo andrebbero sempre messi in bella vista sul sito aziendale. Almeno uno per ogni tipologia di prodotto o servizio offerto o, ancora meglio, almeno uno per ogni brand personas.
Inoltre, i casi di successo possono essere usati all’interno di brochure e pitch deck per gli investitori e per “conquistare” clienti particolarmente importanti. I flyer che raccontano i casi di successo possono essere uno strumento di aiuto prezioso per i venditori, soprattutto nella fase finale della trattativa, quando il cliente si prende del tempo per arrivare a una decisione.
Possiamo raccontare i case study più estesamente sul blog (se ne abbiamo uno) trasformandoli interviste ai clienti, e in modo invece schematico sui social, estrapolando i quote.
Proprio come accade per i comunicati stampa o gli articoli nei magazine aziendali, è importante che i casi studio della singola azienda abbiano un format riconoscibile, così che possano essere facilmente identificati da chi li legge.
I case study possono anche diventare dei video, girati presso la sede del cliente, coinvolgendo il management. Va sempre scritto un testo, in questo caso per guidare le riprese.
Questo tipo di contenuto è perfetto pure come articolo su LinkedIn. Ricordiamoci di inserire eventuali link a siti aziendali partner e/o ai profili LinkedIn dei professionisti coinvolti. In alternativa, il case study può essere anche caricato come documento (sempre su LinkedIn) in modo che chi vuole possa scaricarlo. I case study su LinkedIn sono un ottimo biglietto da visita e aiutano a fare networking.
Caratteristiche di un case study scritto bene
Prima di addentrarci nei principali aspetti che riguardano il contenuto di un case study scritto bene, vediamo velocemente un paio di accorgimenti che riguardano la forma.
Innanzitutto: il case study, per quanto approfondito, non dovrebbe mai essere un documento troppo lungo, al massimo cinque cartelle. Un ottimo case study racchiude tante informazioni in poco spazio.
Secondo, è importante che venga impaginato bene e che sia graficamente piacevole da leggere. Quando ci sono dei dati da presentare assieme al case study è bene renderli facilmente consultabili: usiamo mappe,tabelle, timeline e grafici.
I testi andrebbero sempre inframmezzati da fotografie/immagini (quando il formato lo consente), preferibilmente foto reali delle persone e dell’azienda coinvolta.
Il cuore del case study è la risoluzione di un problema
Nel case study, oltre a raccontare brevemente chi è e cosa fa il cliente oggetto del caso studio (così ci si fa pubblicità in due) bisogna sempre esporre in modo chiaro qual era il suo problema (ovvero perché si è rivolto a noi) e come lo abbiamo efficacemente risolto.
I case study raccontano come nella vita reale prodotti e servizi vadano a risolvere pain point specifici dei clienti.
Talvolta i problemi sono più di uno e allora è possibile raccontarli tutti, stando sempre ben attenti a non usare parole che possano mettere in cattiva luce il cliente stesso.
Certamente i case study che coinvolgono clienti “importanti” e brand riconosciuti attirano maggiormente l’attenzione e fanno capire che tra i nostri clienti ci sono aziende “importanti”. Ma il focus del caso di successo non è tanto la notorietà del marchio coinvolto, quanto piuttosto la nostra bravura nel risolvere i problemi e portare a casa i risultati. Da questo punto di vista i clienti, grandi o piccoli che siano, vanno tutti bene. Ricordiamoci che questo strumento deve essere soprattutto un mezzo di comunicazione da sfruttare per aumentare le vendite, inserendolo nel funnel dei contenuti nel momento in cui chi sta pensando se rivolgersi a noi oppure no ha tutte le informazioni “sul tavolo” e deve “solo” cliccare il bottone Acquista o Contattaci.
Questo vale ancora di più se lavoriamo in contesti BtB: chi prende le decisioni in un’azienda ha bisogno di contenuti per colmare il divario tra ciò di cui ha bisogno e la soluzione che ha in mente e che spera di trovare in noi. Il case study colma questo divario: dimostra concretamente come un cliente, in una situazione simile, ha raggiunto l’obiettivo voluto.
Dal particolare all’universale
Quando scriviamo il case study, la narrazione dei fatti deve mettere in risalto il nostro operato in modo chiaro e suggerire quanto i nostri prodotti o servizi possano essere utili anche in contesti e per realtà differenti. Non deve cioè sembrare, dal case study, che la risoluzione del problema sia adatta solo al singolo caso: al contrario dovrebbe avere un valore universale.
Attenzione: mai autocelebrarsi, devono essere i fatti a raccontare quanto siamo bravi, non gli aggettivi altisonanti.
Entriamo ora nel dettaglio di come redigere un caso di successo che funzioni, per capire come creare un modello replicabile. Il modello aiuterà tutti i membri del team sia a scrivere i case study sia a raccogliere, in fase preliminare, le informazioni utili a farlo in modo facile e veloce.
Fare una scaletta
Prima di tutto è bene mettere nero su bianco il problema del cliente. Poi bisogna scrivere una scaletta che riporti tutte le azioni che abbiamo messo in campo per arrivare a una soluzione efficace, cronologicamente, senza saltare alcun passaggio.
Questa scaletta sarà lo scheletro del case study. Ogni punto dello schema può diventare un paragrafo del caso di successo.
Subito dopo aver raccontato chi è il cliente spieghiamo perché si è rivolto proprio a noi. Tutto quello che scriviamo servirà in un certo senso a dimostrare che ha fatto la scelta giusta. Proprio come in un giallo in cui si sa fin dall’inizio chi è “il colpevole” e il lettore viene invitato a seguire il ragionamento dell’investigatore per scoprire come lo ha identificato… Invitiamo chi legge il case study a scoprire come, passo dopo passo, abbiamo eliminato il problema iniziale o lo abbiamo trasformato in un’opportunità di successo.
Ognuno dei passaggi raccontati dovrebbe portare in modo naturale a quello successivo, in una concatenazione logica senza punti oscuri.
Per riassumere, un case study dovrebbe seguire questo tipo di impostazione.
- Introduzione: in cui fornire contesto e informazioni di base;
- Sfida: per discutere il problema chiave che il cliente stava affrontando;
- Soluzione: dove offrire una panoramica chiara e completa del prodotto o del servizio usato per risolvere il problema;
- Vantaggi: riassumere i principali vantaggi della soluzione e sottolineare perché è stata la scelta giusta;
- Risultato: ribadire quale sia stato il risultato aziendale positivo derivante dalla soluzione e dai vantaggi che abbiamo fornito, se possibile usando dei numeri.
Tenere a mente la regola delle 5W
Per aiutarci a riempire lo schema che abbiamo condiviso nel paragrafo precedente, possiamo seguire la classica regola giornalistica delle 5 W, ovvero: Who, What, Where, When, Why. Abbiamo già sottolineato che bisogna partire dicendo chi è il cliente (Who) e qual è il suo problema (What). Non dimentichiamoci di raccontare dove è ambientato il caso di successo (Where) e quando (When), così da contestualizzare lo storytelling aziendale. Infine, c’è da chiarire il Why, che come abbiamo detto è fondamentale: va raccontato come abbiamo risolto il problema e quindi perché il cliente ha fatto bene a rivolgersi proprio a noi.
Condensiamo queste informazioni nell’introduzione, sinteticamente. Poi riprendiamole man mano che ci addentriamo nei punti della nostra scaletta. Questo stratagemma serve perché chi ha poco tempo potrà capire subito se il testo gli interessa oppure no, e quindi se i nostri servizi fanno al caso suo.
Sì alla chiarezza, no ai paroloni
Evitiamo il linguaggio tecnico o i paroloni incomprensibili ai più. Quando quello che fa il nostro cliente (o che facciamo noi stessi) prevede l’uso di tecnicismi, cerchiamo di semplificare o comunque di spiegarci in modo tale che tutti possano capire.
O meglio: usiamo il linguaggio giusto per farci capire dai nostri clienti e dai partner potenziali, cercando di essere sempre concreti e diretti. Se siamo sicuri che il nostro target capisca un certo tipo di linguaggio e che usarlo sia indispensabile allora possiamo farlo.
Chiarezza e concretezza sono importanti anche nel titolo e nel sommario del nostro caso di successo. Un titolo accattivante può funzionare attirando lettori, ma ricordiamoci che qui l’obiettivo è un altro: più che stupire vogliamo vendere.
Evitiamo sempre con il massimo scrupolo di inventare risultati che non abbiamo raggiunto (magari scrivendo numeri a casaccio) o attività che non abbiamo svolto. Esattezza e precisione sono molto importanti perché servono a confermare la nostra credibilità.
Inserire dati e testimonianze
Grazie alla nostra attività di PR il cliente ha ottenuto oltre 20 uscite organiche su quotidiani e riviste di settore? La campagna di marketing ha aumentato le vendite del 35%? Un altro cliente ha chiuso con successo una campagna di raccolta fondi portando a casa un milione di euro? Tutti i dati reali che abbiamo a disposizione vanno inclusi nel case study e valorizzati graficamente.
Se non abbiamo numeri che riguardano direttamente gli obiettivi raggiunti possiamo citare dati, ricerche di mercato e studi a sostegno del nostro modo di agire.
Per dare maggiore credibilità a quanto stiamo raccontando inseriamo frasi pronunciate direttamente dal cliente, meglio se corredate da foto. Queste stesse testimonianze possiamo usarle sia nei case study sia in home Page, per sottolineare il valore della nostra offerta. E adeguatamente modificate andrebbero condivise pure sui social.
Il pain point del cliente è il nemico da sconfiggere, che dipingeremo come complesso, brutto e cattivo. Man mano che la narrazione va verso la risoluzione del problema e la situazione si ribalta, inseriamo le testimonianze dei nostri clienti. Idealmente sono più significative le testimonianze dei decisori aziendali, ma anche quelle di tecnici, impiegati e personale sono preziose se la nostra soluzione ha cambiato la loro vita in azienda.
Serve l’autorizzazione esplicita
Per evitare problemi legati a riservatezza e privacy chiediamo espressamente l’autorizzazione al cliente prima di scrivere il case study. E quando abbiamo finito di scriverlo facciamoglielo leggere, se possibile. Quando questo non è fattibile a causa di tempistiche e impegni, spieghiamo nel dettaglio al telefono di cosa vogliamo parlare e come.
Ricordiamo al cliente che il case study è utile a noi, ma può essere un’efficace operazione di co-branding che porta notorietà anche al suo brand e traffico organico sul suo sito, nel momento in cui inseriremo un link.
Come concludere
Alla fine del case study, prima di chiudere con qualche frase incisiva che lasci il segno, con l’intento di persuadere il lettore, è bene inserire in forma di elenco puntato tutti i vantaggi che il cliente ha ottenuto grazie alla soluzione che gli abbiamo proposto. Non dimentichiamoci di includere e ringraziare i professionisti e i membri del team che hanno contribuito all’efficacia delle nostre azioni. E sottolineiamo che il nostro modus operandi è replicabile.
Da ultimo, inseriamo una call to action che inviti a contattarci.
In conclusione, non scrivere e condividere i case study significa sprecare un’occasione di marketing molto preziosa!